In tribuna a Faenza per scelta tecnica, in campo e da protagonista a Povazska Bystrica. Ci sono tante buone ragioni per considerare Valerio Sampaolo, il portierone del Pressano, il giocatore simbolo del doppio confronto con la Slovacchia. C’entrano, in parte, i contenuti tecnici espressi nella gara di ritorno ma valgono soprattutto gli atteggiamenti dell’uomo, del giocatore.
Escluso dalla lista dei 16 in occasione del match d’andata disputato al Pala Cattani, dove in extremis gli è stato preferito la new entry Volarevic, Valerio Sampaolo non ha battuto ciglio e, nonostante un pedigree da primo della classe, si è accomodato alle spalle della panchina azzurra non facendo mai mancare un sincero incitamento alla squadra e preziosi consigli ai colleghi Ebner e Volarevic. Non da tutti.
Dall’alto della sua storia personale, avendo dovuto rinunciare anche a qualcosa di personale pur di rispondere alla chiamata di Trillini, Sampaolo avrebbe potuto tranquillamente chiamarsi fuori subito dopo la mancata convocazione e sarebbe stata una decisione comprensibile anche in considerazione del fatto che un terzo portiere era comunque al seguito della squadra.
E invece no. Sampaolo non ha mollato, dimostrando, sia in campo – durante gli allenamenti – che fuori, di meritare la stima e la considerazione dello staff azzurro, che nello storico match di domenica non solo ha deciso di convocarlo (a scapito di Moretti ndr), ma anche di lanciarlo nella mischia nel momento più critico quando la Slovacchia si era rifatta sotto minacciando una vittoria che sembrava ormai cosa fatta. Morale: tre parate decisive e successo in cassaforte. Sontuoso.