Da atleti a tecnici. Da un'azione di gioco all'insegnare un tiro, una parata, un gesto tecnico. Pasquale Maione e Vito Fovio sono il capitano e il portiere della Nazionale, il primo con 111 e il secondo con 107 presenze. L'azzurro cucito addosso per entrambi.
E la voglia di trasmettere passione e conoscenze ai più giovani: i due atleti, entrambi campioni d'Italia lo scorso anno con la maglia della Junior Fasano, in estate hanno conseguito il 1° livello (1A) di tecnico di pallamano e sono attualmente impegnati, oltre che sui campi della Serie A Maschile, anche come allenatori delle squadre Under 12 e Under 14 del team pugliese campione d'Italia.
Proprio loro, Pasquale Maione e Vito Fovio, raccontano la loro esperienza di tecnici su www.federhandball.it.
Perché hai scelto di diventare tecnico? Cosa ti ha spinto?
MAIONE: Ho scelto di diventare un tecnico di 1° livello perché domani vorrei diventare un allenatore. Ho troppa passione e sono innamorato di questo sport, e vorrei cercare di trasmettere tutto questo ai bambini e ai ragazzi.
FOVIO: Penso che il voler diventare un allenatore e quindi trasmettere la propria passione ai ragazzi sia la naturale evoluzione della carriera di un giocatore. Poi, se come me si è avuta la fortuna di lavorare con tanti bravi allenatori, allora il passo è breve.
Quali sono le difficoltà che stai incontrando? E quali, in generale, le differenze principali tra l'essere giocatore e l'essere allenatore?
MAIONE: Essere allenatore è completamente diverso. Può apparire come una banalità, ma il lavoro di tutti i giorni coi giovani mi ha convinto di come vi siano profonde differenze tra l'essere giocatore e l'essere allenatore. Avere a che fare con i giovani vuol dire, in primis, essere educatori e insegnare la vita di squadra, le regole da rispettare in campo. Poi da tecnico è necessario programmare, pianificare. Un elemento in comune: porsi degli obiettivi, fissare un punto d'arrivo. Lo faccio sia da giocatore, che da allenatore. Porsi un traguardo finale aiuta sicuramente a lavorare meglio ed a non mollare nei momenti più duri.
FOVIO: Allenando l'U14 mi rendo conto di come prima di tutto sia necessario essere degli educatori. Il fatto di essere un giocatore di Serie A, poi, amplifica sia le le responsabilità che l'attenzione che i ragazzi hanno nei miei ragazzi e nei piccoli gesti che compio. Mi rendo conto che l'essere un buon giocatore non ti rende automaticamente un buon allenatore, anzi il controllo che bisogna avere delle proprie azioni è molto maggiore. Inoltre bisogna trasmettere qualcosa agli altri, mentre quando giochi dipende tutto esclusivamente da te.
Quando alleni senti una responsabilità in più nei confronti dei ragazzi, considerando anche il tuo ruolo di atleta della Nazionale?
MAIONE: Non sento responsabilità aggiuntive, perché cerco sempre di fare tutto con le maggiori voglia e passione possibili. Sono sicuro che i ragazzi riescano a percepire questa mia passione e sono altrettanto convinto di riuscire a tirare fuori il loro entusiasmo. Spesso sono incuriositi delle esperienze in Nazionale o della mia carriera da giocatore, io racconto sempre tutto molto volentieri. C'è voglia di pallamano, anche perché parliamo di uno sport che ha un grande appeal. Il nostro dovere è farlo arrivare a più persone possibili e di essere d'aiuto alla Federazione perché più giovani possibili possano avvicinarsi e, chissà, diventare i campioni di domani.
FOVIO: Il fatto di essere un giocatore della Nazionale ovviamente aumenta la nostra influenza, in quanti i ragazzi ti prendono come esempio ed anche come modello, per cui noi abbiamo il compito di trasmettere la nostra passione e il nostro amore per la maglia azzurra. Personalmente sono molto contento di questa nuova esperienza e anche il fatto di essere d'aiuto alla Nazionale mi dà ulteriori stimoli. E per questa opportunità devo ringraziare la Federazione.